IL SISMA – ARTISTI EMERGENTI
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IL SISMA

“Canto l’amore nella sua totalità”

Leonardo Angelozzi, in arte Il Sisma, nasce ad Atri in provincia di Teramo il 14 marzo 2000. Inizia a suonare la chitarra all’età di 12 anni e fino ai 15 studia musica. A 16 anni pubblica su YouTube il primo brano intitolato “Stella Cometa” seguito pochi mesi dopo da un altro singolo dal nome “Chi Spera”. Nel 2017 esce “Ossigeno” e nel 2018 il suo primo EP “Sogni Infranti”. La notorietà tra i giovani avviene nel 2019, quando pubblica su YouTube il suo brano “Rosa Nera” che ottiene più di 16.000 visualizzazioni e apprezzamenti decisamente positivi. Da qui anche i suoi successivi lavori, ossia “Insta Foto” e “Canzone per Lucrezia”, dedicato alla sorella, avranno un indice di positività molto alto da parte del giovane pubblico.

PROFILO SPOTIFY

Tratta prevalentemente tematiche sentimentali, ma non manca di mostrare anche una verve satirica e ironica, come nel brano trap “GR3TA”, o sperimentare nuovi contenuti e idee nella traccia “Una strana Ninna Nanna”, una ninna nanna decisamente diversa dalle solite che non mira a tranquillizzare il bambino, ma a fargli vedere i mostri, le streghe e i fantasmi che incontrerà nella vita quando sarà adulto.

Il suo ultimo progetto “Latte e Chardonnay” conta più di 12.000 visualizzazioni su Spotify.

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✍️ INTERVISTA

Cosa ti ha spinto a fare il cantante?

La passione per la musica, anzitutto. Poi sentivo il bisogno di esprimere l’amore che avevo dentro. Ho iniziato nel 2016 ed ero in un momento in cui provavo un sentimento non ricambiato. Non ho voluto metterlo da parte, ed è qui che è intervenuta la musica. Le parole che dette da sole sembravano banali, già sentite o non percepite abbastanza, riacquistavano il loro significato originario e profondo con la forza delle note. Qui ho scoperto una sorta di magia che non ho più abbandonato e che mi ha accompagnato fino ai risultati raggiunti.

“Rosa Nera” è stato un successo che sicuramente ha cambiato la tua vita. Te lo aspettavi? E come lo spieghi?

Sinceramente devo dirti che pensavo di aver fatto una bella canzone, ma dopo essere stato in studio a registrare “Rosa Nera” e “Insta Foto” immaginavo che avrebbe avuto molto più successo la seconda. L’inaspettato apprezzamento della prima, ovviamente, mi ha portato a chiedermi cosa avesse di speciale quel brano. Penso di essermi risposto. “Rosa Nera” descrive l’amore in tutte le sue forme, quelle mature e immature, quelle superficiali e quelle profonde. La prima strofa si apre con il ricordo e descrive i momenti passati con la persona amata, una ragazza bella, solare, allegra, che “guardava con stupore quasi ogni cosa”. Questa ragazza viene paragonata a una rosa nera, bella e allo stesso tempo piena di spine, metafora dei suoi difetti che la rendevano vera nelle sue imperfezioni. Qui ho descritto il primo momento dell’innamoramento, quello spensierato, quello che ubriaca i sensi e ci rende, forse, un po’ stupidi e che, in parte, ci annebbia e ci allontana dal reale.

Nella seconda strofa, invece, predominano due stati d’animo: il primo è la rabbia dovuta al fatto che ora quella ragazza è di un altro e ti sembra di non aver saputo sfruttare le tue carte, il secondo è certamente la delusione, sia per la persona che ora è diventata lei, sia per non aver capito chi in realtà fosse. In questo momento sei arrabbiato e deluso e torni con i piedi per terra guardando la persona amata per quello che forse è sempre stata, ma non vedevi.

Ecco, il finale recita “quando sarai appassita, al termine della tua vita, solo ai miei occhi sarà sempre primavera fiorita”. Qui c’è la chiave dell’amore. Questa rosa, che ora ha potato i suoi gambi e ha tolto le spine, illudendosi di essere più bella, tu la continui a guardare. La odi e la disprezzi, ma la amerai sempre. Questi momenti sono sicuro siano stati provati da tutti i ragazzi che hanno ascoltato “Rosa Nera” e ci si sono ritrovati completamente. Penso che questo sia il segreto del successo di questa canzone. 

Parlaci del tuo ultimo progetto

Latte e Chardonnay si presenta come una riflessione sull’amore. L’amore è però qui visto nella sua forma più problematica, il ragazzo che parla anzitutto arriva alla conclusione che il suo sentimento non potrà mai concretizzarsi, e nel fare questo ne spiega i motivi. Di conseguenza questo brano disillude un po’ il tipico modo di descrivere l’amore, perché in ogni testo siamo abituati a recepire il messaggio di fondo che è positivo. Nella diversità di ogni singolo argomento sull’amore, anche nelle parole che in qualche modo disprezzano la persona amata, pensiamo sempre “ok, questa però alla fine è una canzone d’amore. Lui la ama. È una cosa bella” e ci portiamo dietro, da ascoltatori, una scia che ha sempre e comunque una nota di speranza. Latte e Chardonnay no. Latte e Chardonnay vuole dire semplicemente “provo qualcosa per te, ma i però, le circostanze, i silenzi, gli atteggiamenti che abbiamo sono tali da creare solo infelicità se il sentimento che provo per te lo mettessi in primo piano e lottassi per realizzarlo. E magari non è così forte da farmi dimenticare la realtà” La metafora del Latte e lo Chardonnay rispecchia esattamente due bevande, cioè due persone, che potrebbero essere tranquillamente mescolate, la loro miscela non è impossibile da creare. Ma che “drink” ne uscirebbe fuori? Varrebbe davvero la pena sperimentare con il rischio poi di sentirsi male? Questo è il significato di Latte e Chardonnay. E il ragazzo (o la ragazza) che parla descrive il tutto a ruota, riflette, un pensiero dopo l’altro, senza un ordine o una struttura precisa. Il brano non ha strofe, non ha ritornello, è solo un “vomitare” sfoghi. Ho scritto questa canzone nel momento in cui mi sono reso conto che le cose non sono solo belle o brutte. Ci sono cose belle che vanno a creare infelicità, spesso. E questo perché l’amore da solo non basta, ci vuole un contorno fatto di tante altre cose perché si possa raggiungere la felicità. Con questa canzone non ho descritto l’amore, ho parlato delle circostanze che rendono impossibile la sua realizzazione. Una scrittura, direi, estremamente pura perché non cela la speranza che “quella persona si innamori di te sentendo quello che hai scritto”. Anzi, se prima credeva che comunque avrebbe potuto dare “una chance”, ora con questo brano non ce l’ha più. Latte e Chardonnay la si dedica a chi si ama, ma esclusivamente per dire “Guarda cosa provo, cerca di conoscermi un po’ meglio. Non voglio nulla da te, ma ascolta cosa ho da dirti.” È l’amore vero.

Come miglioreresti la scena Musicale?

La scena musicale è estremamente variegata e, indipendentemente dai miei gusti personali, rappresenta tutte le componenti dell’animo umano, del pensiero, delle ideologie e tematiche che si possano affrontare. Questa è una vittoria, senza dubbio. Certo, se tra queste componenti ci sono anche cose che non rappresentano i singoli dobbiamo accettarlo e renderci conto che non è possibile “migliorare” una scena dicendo agli artisti come comportarsi o cosa cantare. Questo è un principio sacrosanto, secondo me, anche quando ci capita di pensare che un cantante o un brano siano stupidi o veicolo di messaggi sbagliati. L’unica cosa da fare è avere fiducia nel pubblico, ma la nostra fiducia è sempre collegata alla nostra soggettività e non dobbiamo mai dimenticarlo.

In breve quindi anche se questa fiducia viene tradita e vediamo spingere personaggi artistici di dubbio gusto, è bene lasciare all’arte la possibilità persino di abbassarsi ai deficienti. Lo so, è impopolare, ma se si comincia a dire “dovresti fare così, è meglio fare colá” si assoggetta la musica a un gusto determinato e la si limita enormemente. Poi la riflessione ultima da fare è questa: la musica è espressione anche di un’epoca storica, no? Allora, se nella nostra epoca ci sono “falsi artisti” magari è perché c’è una “falsa cultura”.  Rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo nella quotidianità, nella politica, nelle idee e la scena musicale cambierà di conseguenza. Ma non dobbiamo forzarla, mai.

A cosa ti ispiri per scrivere le tue canzoni?

Certamente a fatti personali. Mi piace molto il verbo che hai usato, “ispirare”, che esprime a pieno il mio processo creativo. Quando scrivo un brano non racconto mai la mia vita, la realtà, i miei fatti privati. Mi ispiro, cioè prendo un po’ di quello che ho provato o vissuto e lo plasmo in canzone ingigantendo o inventando personaggi, stati d’animo o parole che non userei mai nella realtà. La stessa persona narrante una storia o un’emozione in ogni mia traccia, non sono mai davvero io, per quanto magari possa sembrare strano. Parla il personaggio che ho creato, che magari mi somiglia molto e ha diverse cose in comune con me, ma quella voce certo non è quella di Leonardo. Lo stesso concetto di dedica spesso oggi si confonde con il pensiero. Mi spiego meglio: quando ascoltiamo una canzone e ci sembra che parli di noi perché l’artista è un nostro amico o un conoscente, diciamo “questa canzone è dedicata a me” quando in realtà dovremmo dire “magari ha pensato a me mentre la scriveva”. E questa differenza è molto importante per un artista, dal momento che, se pensiamo a una persona mentre scriviamo, giustamente vogliamo comunque avere la libertà di dedicare al mondo intero quell’emozione. Magari poi, tra l’altro, mentre riascoltiamo i nostri lavori, neanche pensiamo di rivolgerci alla stessa persona o agli stessi fatti che ci venivano in mente mentre componevamo il testo ahahahahah, quindi questo ci fa ben capire che dedica e pensiero sono due cose completamente diverse.

Quali sono i lati positivi nell’essere cantante?

Senza dubbio lo sguardo che hai sul mondo. Soprattutto dopo aver creato un pezzo, senti di aver lasciato qualcosa che non morirà mai, a differenza di tutte le cose materiali, come l’uomo stesso. Oltre a ciò penso anche allo sguardo che gli altri hanno su di te, per quanto spesso questo rappresenti anche una parte negativa. Nel suo aspetto positivo essere cantante ti dà un po’ quel tipo di “aura” che altrimenti non avresti avuto, magari per il carattere introverso che hai. Per spiegarmi meglio direi che il mondo che hai dentro lo puoi comunicare meglio quando sei inserito nello status di “artista”. La gente da più credibilità a un pensiero di un artista nel momento in cui, nell’ascolto, parte dal presupposto “Ha anche scritto un brano su questo, certamente è qualcosa che affronta seriamente”. Il tuo mondo c’è sempre, che tu sia artista o no. Però se il tuo interlocutore sa che “crei roba” allora, per uno meccanismo psicologico dell’essere umano, riesce ad ascoltare meglio, e la tua espressione è facilitata.

E quelli negativi?

Il fatto di avere, almeno per me, un animo che ti fa perdere nei sogni allentando la presa sul controllo che hai della tua vita, fatta di cose alle quali, per la loro poca energia interna, dai poca importanza.

Inoltre lo sguardo della gente, che nella domanda precedente ho contrassegnato come positivo, molte volte si trasforma in una nota negativa. Di base, per farla semplice, puoi rischiare di entrare nel girone dei falliti o degli strani, specie da parte di quelle persone che non sanno chi sei, come intendi i valori e come vivi la tua vita. Per queste persone, ad esempio, l’io delle mie canzoni sono io. Quindi, se un giorno volessi scrivere una canzone in cui descrivo un uomo che si butta da un ponte, questi penseranno che io sia un aspirante suicida ahahahahahah

Ora la metto sul ridere, ma equivoci di questo tipo a lungo andare possono pesare abbastanza.

Come ti concentri prima di cantare?

Che si parli di registrazione o live, so sempre che avrò molta ansia ahahahahah. Per questo cerco di rilassarmi, faccio una passeggiata, ascolto un po’ di musica che mi sciolga la tensione. Certo, con “rilassarmi” intendo sempre nella maniera giusta. Per farti capire, una volta ho avuto la malaugurata idea di registrare dopo aver dormito quattro ore di fila, e non solo non ero rilassato, ma a malapena riuscivo a scandire le parole. Ovviamente quella traccia registrata in queste condizioni non l’ho salvata ahahahahah

Come ti concentri per scrivere un brano?

In realtà la scrittura per me non ha mai una concentrazione dietro. Quasi sempre avviene questo: trovo un beat che mi piace (spesso mi ci metto apposta a cercarlo o a volte lo trovo per caso) e poi penso a quale idea o tema potrebbe starci bene sopra. Dall’idea alla scrittura vera e propria, cioè la metrica, le rime, la struttura in strofe e ritornello, può anche passare un anno. Intanto mi segno l’idea e il beat, poi, quando mi sentirò di creare nel concreto, lo farò. 

Scrivere un testo di una canzone è una cosa molto difficile, per questo cerco di farlo nei momenti in cui la mia mente è libera da altri pensieri, in modo da potermi internamente dedicare alla composizione. 

In ogni caso, dopo aver scelto il beat e l’idea, le parole escono da sole. Come, quando e in quanto tempo arrivano non ha una regola, però. Ci sono brani che ho scritto in un’ora, come “Latte e Chardonnay”, o brani che, data la portata dell’idea, hanno avuto bisogno di più tempo. Addirittura ci sono testi che sono dei collage, diciamo. Sono, cioè, il frutto di tutte quelle frasi, spesso esistenziali, che ho avuto in diversi giorni, mesi o addirittura anni, e che poi ho unito per creare immagini collegate tra loro. 

Saluta i tuoi sostenitori 

Ciao, belli ♥️ presto tante nuove sorprese 💯✍️

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